Abbiamo già parlato in passato delle Comunità Energetiche Rinnovabili, spiegando la loro storia e il loro funzionano in un precedente articolo. Secondo la definizione di legge, una Comunità Energetica Rinnovabile (CER) è “[…] un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, autonomo ed effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, detenuti dalla comunità, la cui finalità principale è quella di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai propri azionisti o membri delle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari”.
In altri termini, una CER è un insieme di cittadini (persone fisiche, condomini, piccole e medie imprese, enti locali, scuole, comuni ecc.) che condivide l’energia. Coloro che fanno parte di questo soggetto giuridico non devono essere obbligatoriamente in possesso delle tecnologie necessarie alla produzione di energia rinnovabile; infatti, si distingue tra prosumer (i soggetti che installano un impianto fotovoltaico e contribuiscono alla produzione di energia rinnovabile) e consumer (i soggetti privi di impianto che si limitano alla fruizione dell’energia autoprodotta, secondo gli accordi).
Tramite il GSE, lo Stato riconosce due componenti di remunerazione alle CER sull’energia prodotta e consumata all’interno della comunità:
Secondo i recenti dati sul fotovoltaico, le Comunità Energetiche Rinnovabili operative in Italia sono 86, di cui 30 attive, con altre 60 in via di attivazione. Esse si trovano principalmente al nord, in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.
Nel perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, la Commissione Europea ha ufficialmente approvato, in data 22 novembre 2023, il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica relativo alle CER. Il provvedimento prevede contributi ministeriali per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Sono previsti in totale 5,7 miliardi di euro e, di questi, 2,2 miliardi provengono dai fondi del PNRR. Il decreto è incentrato principalmente su due misure: una tariffa incentivante e un contributo a fondo perduto. Quest’ultimo può arrivare fino al 40%, è cumulabile con la tariffa incentivante entro certi limiti ed è riservato esclusivamente ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Il contributo a fondo perduto è destinato alle CER che realizzano un nuovo impianto o ne potenziano uno già esistente e l’obiettivo di questa misura, a cui sono destinati i 2,2 miliardi del PNRR, è quello di realizzare almeno 2 GW entro il 30 giugno 2026.
Per accedere agli incentivi previsti per le CER, è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:
Per accedere al contributo, è necessario per prima cosa individuare un’area in cui realizzare l’impianto e altri utenti a cui associarsi connessi alla stessa cabina primaria. Una volta fatto ciò, è possibile creare la CER tramite un atto costitutivo. Successivamente si può verificare in via preliminare con il GSE se il progetto può essere ammesso all’incentivo e bisogna poi ottenere l’autorizzazione a installare e connettere l’impianto alla rete, per renderlo operativo. A questo punto, sarà possibile richiedere l’incentivo al GSE. La domanda di accesso alle tariffe incentivanti deve essere presentata entro 120 giorni dall’entrata in esercizio degli impianti, tramite il portale GSE. Il termine ultimo per la presentazione delle richieste è fissato al 31 marzo 2025.
Le spese ammissibili al contributo sono le seguenti:
I limiti del costo di investimento massimo sono:
Maggiori informazioni e il decreto completo sono disponibili ai seguenti link https://www.mase.gov.it/sites/default/files/Decreto%20CER.pdf https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/CER%20-%20presentazione%20decreto.pdf